Un figlio e ho detto tutto by The Pozzolis Family

Un figlio e ho detto tutto by The Pozzolis Family

autore:The Pozzolis Family, [The Pozzolis Family,]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Media Studies
ISBN: 9788852082535
Google: 6iszDwAAQBAJ
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2017-04-14T22:00:00+00:00


In tre, escluso il cane

Giosuè pesa tre chili e quattrocentocinquanta grammi. È una cosina minuscola con gli occhi grigi, una specie di scimpanzé bellissimo tutto depilato, con le ossa così piccole che le potresti usare come poggiabacchette in un ristorante giapponese. Quando me lo mettono in braccio rimango immobile, ho paura di fargli male: temo che, se per sbaglio dovessi usare anche solo il 5 per cento della mia forza, mi si piegherebbe in mano come una fetta di pizza.

Tutti i nostri amici e i parenti affollano la stanza come in un pigiama party, e Marisol, la mamma ecuadoriana che condivide la stanza con Alice, lascia la camera sorridendo.

«Vado a prendere un tè. Fate, fate…»

Conoscendo il caos che potrebbero creare i nostri amici, spingo il suo letto contro il muro e lo nascondo con un separé, creando l’effetto muraglia cinese. Veniamo sommersi da pigiamini, bambolotti e mazzi di fiori. Sono talmente tanti i doni che, se li mettessimo sotto il lenzuolo di Marisol, suo marito potrebbe crederla addormentata nel letto, di nuovo incinta, ma di sei gemelli.

Tanta gioia, tanti abbracci. Tutti felici. Teo, il papà di Alice, è di fianco a mia madre: un uomo di due metri e una pigmea di uno e cinquanta. Sembra che ci siano venuti a trovare quelli del circo Barnum.

Dopo un’oretta i parenti vengono sbattuti fuori in massa dall’infermiera del piano e sia io sia Alice siamo felici, perché abbiamo visto una bella luce nei loro occhi. Giosuè ha regalato a tutti un micron di pura gioia che potrà smuovere dentro di loro nuovi pensieri sull’uomo, sul coraggio e sul nostro scopo su questa terra: regalare dei peluche ai bambini che fanno gli altri, finché non sarai tu a scartare il pacchetto.

Alice è molto stanca. Mi chiede di restare un po’ e io ne approfitto per coccolare il mio piccolo figlio-mollusco.

Sta sorridendo. A me. Ha riconosciuto il suo papà.

«Ali, guarda! Ride!»

«Ma no, Giamma. Sta facendo la cacca.»

Un’infermiera mi fa entrare nella nursery per insegnarmi a cambiare il pannolino:

«Prima si slaccia il body.»

«Dove?»

«Qui sotto, vede in mezzo alle gambine?»

«… sì.»

«Poi gli toglie il pannolino.»

«Come?»

«Qui. Vede i due adesivi sui lati?

«… sì.»

«Poi, una volta aperto il pannolino…»

«Vomito?»

L’infermiera ride. «Se non è svenuto in sala parto ce la può fare anche adesso.»

Annuisco poco convinto. Secondo lei, dopo avermi fatto vedere come si regge il bimbo mentre lo si lava, come si usa la pasta protettiva e come si richiude il nuovo pannolino, sono pronto ad affrontare da solo il prossimo cambio.

Che è come dire che, dopo avermi fatto vedere come si pulisce un fucile, io sono pronto ad andare in guerra.

Torno in camera. Giò resta nella nursery a dormire.

Ci baciamo piano.

«Io vado a casa, allora.»

Alice mormora qualcosa.

«Eh?»

«Mi porti una pizza?»

Dopo venti minuti torno con un trancio tagliato a quadretti, e Alice è la donna più felice della corsia. La ribacio e passo nella nursery per rivedere mio figlio, ma la tapparella di nove settimane e mezzo è già stata abbassata.

Salgo in macchina, sono appena le nove. Sono solo.



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